Solo lo spreco alimentare vale nel nostro Paese il 2,3 per cento del Pil, dieci volte la percentuale che lo Stato impiega per lo sviluppo del turismo o per finanziare i beni culturali. Ogni famiglia getta infatti nella spazzatura 1.600 euro l'anno di cibo andato a male o semplicemente non utilizzato. Queste le cifre che emergono da un convegno sullo spreco organizzato nell'ambito della manifestazione ZeroEmission da Fiera di Roma e Last Minute Market con la collaborazione di Legambiente e Consorzio Libera Terra.
La partita di questi sprechi casalinghi vale da sola l'1 per cento del Pil.
Mentre questi semplici accorgimenti possono essere messi in atto nelle case di tutti, sarebbero necessarie in aggiunta, delle revisioni sugli sprechi da parte delle aziende.
Per Andrea Segrè ideatore di Last minute market, la vera spending review dovrebbe fondarsi su una waste review: una revisione degli sprechi, un nuovo approccio ecologico e sostenibile ai criteri di spesa e risparmio nazionali. Combattere lo spreco alimentare e le sue conseguenze, spiega Segrè "deve essere una priorità economica, ecologica e sociale per la politica, le istituzioni, le amministrazioni locali, le imprese e la società civile".
Innescare un effetto domino positivo
L'economista Segrè spiega: "Ogni spreco porta dietro altri sprechi e ogni azione di risparmio altri risparmi. Per esempio, lo spreco di cibo e di energia spesso comporta un grande impiego di acqua. Nel 2010 abbiamo buttato via 12,6 miliardi di metri cubi d'acqua, impiegati nella produzione di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli abbandonati nei campi".La grande distribuzione organizzata spreca circa 1 miliardo di euro ogni anno in cibo che si butta, una cifra che potrebbe servire a sfamare almeno 600 mila persone.
Rossella Muroni direttore di Legambiente spiega: "Ragionando sui piccoli sprechi quotidiani e sui nostri stili di vita è possibile intervenire, cambiando leggermente le nostre abitudini, in modo da risparmiare soldi pesando meno sull' ambiente. tgcom24.it
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